ASSOCIAZIONE FUNDACION DONA LUCIA O.D.V.


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Diario di bordo…

VIAGGIO IN BOLIVIA

 

 

Da anni, attraverso amicizie, mi sono avvicinata all’associazione “Fundación Doña Lucia” ODV ed ho sentito raccontare di progetti e interventi tesi a favorire il sostegno in ambito scolastico/educativo ed ultimamente anche in ambito civile per la costruzione di cisterne d’acqua in zone della provincia Campero (Aiquile, Bolivia) che, a causa della crisi climatica, risentono di problemi legati a carenza di questo elemento vitale.

Alla fine di gennaio mi si è offerta la possibilità di un viaggio nella realtà boliviana nell’area dove opera l’associazione creata dal dott. Fausto Molina Rojas: Aiquile e aree circostanti. Con noi viaggiavano il dott. Molina stesso, presidente, Rita Miotto, Paolo Rech burattinaio professionista e la consorte.  

Sono state tre settimane intense di attività e conoscenza del territorio. 

L’altopiano boliviano (tra i 2000 e 4000 m) si presenta con varietà ben diversificate di paesaggi: valli parallele incavate e scavate dagli agenti atmosferici, aree verdi coltivate soprattutto a patate i cui fiori danno un tocco esotico all’ambiente e mais, altopiani con suoli marziani popolati da greggi di lama, alpaca e vigogne. Pianure di sale El Salar de Uyuni e cactus che sono un elemento caratterizzante il paesaggio. Vegeta in queste aree la regina delle Ande: la Puya Raimondi pianta gigantesca che fiorisce ogni cento anni circa e che si staglia, ben visibile da lontano, contro il cielo andino.

La Bolivia è una terra ricca anche nel sottosuolo, soprattutto nella area di Potosi con la presenza del Cerro Rico (4782 m) le cui miniere d’argento, piombo, zinco, stagno e ultimamente litio, richiamano migliaia di persone che vivono in povertà e sfruttamento, tra mille pericoli, nella costante attesa della catastrofe finale visto che il Cerro è ormai una sorta di gruviera. Il desiderio di modificare la propria vita con un inaspettato arricchimento fa sì che molte persone abbandonino i loro villaggi natali per trasferirsi in zone in cui si promette e prospetta una vita migliore. Certo non sempre la realtà risponde a tali aspettative e non è così difficile incontrare persone   che cercano di sostenersi con poco, vendendo agli angoli delle strade spremute di lime o che chiedono una moneta, un aiuto per non soccombere alla sorte.

La grande città, carica di contraddizioni, offre lo spettacolo di questo assommarsi di popolazioni; dalle favelas ai quartieri benestanti, dalle cholitas con il loro abbigliamento tradizionale, agli uomini d’affari … è il melting pot che mescola la tipologia andina a quella europea, i discendenti degli antichi Inca ai colonizzatori spagnoli.

Anche l’architettura sia delle città, come dei villaggi presenta questa mescolanza. Si passa dalle piccole case costruite con materiali locali (adobe) biosostenibili, all’uso del mattone e del cemento, secondo schemi che risentono dell’influsso della modernità. 

Le scuole sono diffuse in tutto il territorio e, soprattutto nelle aree rurali, hanno la caratteristica di uno spazio coperto (tinglado) che permette attività sportive e ricreative. Sono dotate di aule specifiche per le singole discipline (musica, scienze, letteratura…) e in alcuni casi anche di orti per la coltivazione di prodotti che vengono usati per la mensa scolastica. Ciò per favorire la frequenza anche di alunni che provengono da zone lontane e disagiate. Spesso sono gli insegnanti stessi che si preoccupano di prelevare e accompagnare a casa gli allievi. Ѐ nel loro interesse e indubbiamente in quello della collettività! Le pareti d’ingresso delle scuole, spesso sono rallegrate da murales realizzati dai ragazzi ed in essi sono racchiusi messaggi specifici di vita e di comportamento!

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Ciò che mi ha colpito incontrando anche i ragazzi delle superiori, la cui presenza negli “internados” e frequenza scolastica è sostenuta dai “padrini” dell’Associazione è la loro voglia di liberarsi dalle catene della miseria attraverso lo studio: leggi nei loro occhi la volontà di raggiungere un diploma o una laurea successiva e davvero sprizzano gioia quando parlano degli obiettivi raggiunti e dei loro sogni lavorativi.

Ci sono anche scuole piccole, con pochi alunni, pluriclasse in sostanza e lì l’associazione dona materiale scolastico. Abbiamo incontrato l’insegnante e gli alunni durante l’inaugurazione di una cisterna d’acqua per il villaggio di Rumi Cancha. L’infaticabile dott. Molina si è attivato anche in questa direzione coinvolgendo maestranze, popolazione e amministrazioni locali. Infatti la mano d’opera è data dalla popolazione, il resto è condiviso.

Per un estraneo è bello partecipare e vivere in prima persona queste inaugurazioni perché si percepisce e si tocca con mano il senso profondo della comunità, il valore della condivisione e dei rapporti umani. Esperienza che mi ha fatto a lungo riflettere perché forse questo senso di bene comune noi l’abbiamo smarrito, così pure la condivisione ed il grande rispetto per la terra, la “Pacha Mama”, grande madre, dea della fertilità e dei prodotti della agricoltura. 

Anche il saluto è un’altra espressione che mi porto dentro, non sei un estraneo, ma ti riconosco come “mio simile”, vale a dire “essere umano” e il “Buenos días/Buenas tardes/Buenas noches” è per te, anche se non ti ho mai visto, anche se non ti conosco e non appartieni alla mia comunità, anche se transiti sul marciapiede opposto. E la doppia stretta di mano, prima e dopo dell’accostare la guancia destra e poi la sinistra, quasi a convalidare la gioia di un incontro, un suggello di amicizia e di parola data. 

Faccio fatica a non pensare alle “Città invisibili” di Calvino, a Zenobia la cui particolarità è la costruzione di connessioni continue, grazie alle quali nessuna casa sarà mai isolata, nessun balcone irraggiungibile, nessun vicolo cieco. 

Tutto, in Zenobia, è relazione. E il desiderio consiste esattamente nella costruzione di assemblaggi complessi e di umanità! 

 

Prof. Paola Arman

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